Fidelio riflesso nel Settecento veneziano

La mostra in corso alla Galleria Baroni, “Fidelio. Riflesso in terrecotte”, che si è inaugurata ieri sera, mercoledì 26 novembre, offre un insieme d’eccezione di specchiere veneziane settecentesche che “abbracciano” gli embrici figurali di Enzo Scuderi, da cui emergono i personaggi fideliani: le due pareti laterali a specchi invitano al colpo d’occhio della parete centrale, rivestita dai protagonisti dell’opera di Beethoven, che quest’anno inaugura la stagione scaligera e alla quale la mostra si ispira. Mentre nelle terrecotte le immagini si fissano nella contaminatio con la superficie materica, nelle specchiere nulla permane, nell’apparire e scomparire continuo delle figure riflesse. Quelle momentaneamente trattenute sono i nove personaggi del Fidelio più il compositore, che Scuderi reinterpreta con l’ausilio di un materiale vivo, i cui segni, dalle muffe ai licheni, dalle rotture alle mancanze, partecipano alla caratterizzazione della figura. E sono trattenute da preziosissime specchiere veneziane del Settecento, selezionate perché “dire specchio è dire Venezia“. L’immaginario collettivo infatti porta subito alla città lagunare, anche se questo arredo nel Settecento è presente e diffuso in tutta Europa. Ciò che fa di Venezia la capitale della specchiera è l’estrosità dei manufatti, grazie all’incrocio tra diverse culture, con le influenze orientali che si intrecciano agli stili europei. Il potere economico, la stabilità politica, i contatti commerciali e culturali con l’Oriente danno vita a una capacità creativa unica nell’abbinamento di materiali diversi, lavorati nelle maniere più fantasiose, con un’esplosione di forme negli intagli, di raffinatezza negli intarsi, di ricchezza di forme nelle dorature, di ricercatezza nei materiali come madreperla, vetro inciso, colorato o dipinto.

La specchiera nel Settecento continua a proporre gli stessi motivi decorativi e le stesse forme del periodo precedente, ma è riconoscibilissima perché assume più leggerezza per il bizzarro movimento à rocailles. La prima metà del secolo è caratterizzata dall’impiego di incrostazioni di madreperla e pietre dure, intagli dorati, anche in abbinamento tra oro lucido e opaco, raffiguranti foglie d’acanto, viticci, conchiglie, ramages, nastri, mascheroni, incisioni, queste ultime spesso a motivi orientali. I motivi decorativi derivano dalla fauna, dalla flora, dalla figura umana. Gli animali preferiti sono colombi, delfini, i fiori sono a mazzolino o a ghirlanda, la conchiglia è molto usata dentellata, traforata, pieghettata. L’esuberanza delle cimase si spinge al punto che le cartelle si inclinano verso l’esterno e sono contornate da motivi intagliati. Numerose le simbologie, come nella specchiera dorata e decorata con grandi cuori rossi, in mostra, eseguita per un matrimonio, in cui due cuori laterali della cimasa si fondono in quello unico centrale, molto più grande. Nel corso del secolo le linee delle cornici saranno meno mosse e più simmetriche: rettangolari, quadrate, talvolta circolari od ovali con la parte superiore ornata da rosoni a foglia di acanto, da fogliame, viticci e placche di bronzo, di vetro o di specchio inciso che ricoprono gli angoli di raccordo.

Gli stili successivi non avranno la stessa originalità e creatività. L’Ottocento riproporrà tutte le forme del passato, ma la produzione diventa quasi industriale e seriale, senza più la cifra stilistica che aveva caratterizzato il secolo precedente.

Sergio Baroni

 

 

 

 

 

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